“Progetto musice”
su e giù per il Novecento attraverso Musica, Poesia, Colori, Danza…


regia
Stefano Capone

Musices Officina
direttore
Berardo Mariani

Attori
Mirna Colecchia
Francesco Ricciardi
Rino Scopece

Coreografie e Danza
Rosa Urbano
Francesco Mariani

Scenografia multimediale
Michele Sepalone

Gruppo vocale-strumentale

Programma

Eugène Bozza “Suite” per 4 corni (tot. 8’)– “Prelude”
Claude Debussy “Sirinx” per flauto solo (3’)
Berardo Mariani “Frangenti” pianoforte solo (2’)
E. Bozza “La chasse” (4 cr.)
Berardo Mariani “7 studi per flauto e arpa” (8’)
Igor Stravinsky “tre pezzi” per clarinetto solo (5’)
E. Bozza “Chanson ancienne” (4 cr.)
Berardo Mariani “Novellette” per 4 voci, testo: Leonardo Da Vinci (5’)
Salvatore Sciarrino “All’aure di una lontananza” per flauto solo (3’)
Berardo Mariani “identità in/contro” Msopr. V. rec. Pf.
testi: Gabriella Girelli, Mariella De Santis (7’)
Berardo Mariani “L’immagine” per Vc. solo (5’)
testo: Rinaldo Caddeo
E. Bozza “choral” (4 cr.)
Berardo Mariani “bud” (setap) fl. Cl. vibr. Pf. Vn. vc. (8’)

I TESTI

Chi sono? (A. Palazzeschi)

Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
<<follia>>.
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
<<malinconia>>.
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
nella tastiera dell’anima mia:
<<nostalgia>>.
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.


Senza parole (G. Somenzari)

I tuoi occhi...
Senza parole
La tua bocca...
Senza parole

I tuoi capelli...
Senza parole

Il tuo corpo...
Senza parole

Tu...
Una parola: amore.

Spleen (C. Baudelaire)

Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle
Sur l'esprit gémissant en proie aux longs ennuis,
Et que de l'horizon embrassant tout le cercle
Il nous verse un jour noir plus triste que les nuits;

Quand la terre est changée en un cachot humide,
Où l'Espérance, comme une chauve-souris,
S'en va battant les murs de son aile timide
Et se cognant la tête à des plafonds pourris;

Quand la pluie étalant ses immenses traînées
D'une vaste prison imite les barreaux,
Et qu'un peuple muet d'infâmes araignées
Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux,

Des cloches tout à coup sautent avec furie
Et lancent vers le ciel un affreux hurlement,
Ainsi que des esprits errants et sans patrie
Qui se mettent à geindre opiniâtrément.

- Et de longs corbillards, sans tambours ni musique,
Défilent lentement dans mon âme; l'Espoir,
Vaincu, pleure, et l'Angoisse atroce, despotique,
Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir.


Vocali (A. Rimbaud)

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
Io dirò un giorno le vostre segrete origini:
A, nero, corsetto villoso delle mosche lucenti
Che ronzano intorno a crudeli fetori,

Golfi d'ombra; E, candori di vapori e di tende,
Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d'umbelle;
I, porpora, sputo di sangue, riso di belle labbra
Nella collera o nelle ebrezze penitenti;

U, cicli, fremiti divini di mari verdi,
Pace dei pascoli disseminati di animali, pace delle rughe
Che l'alchimia scava nelle ampie fronti studiose;

O, Tromba suprema piena di stridori strani,
Silenzi solcati dai Pianeti e dagli Angeli:
- O l'Omega e il raggio violetto dei Suoi Occhi!

L’immagine ( R. Caddeo)

Sempre ritorna l’immagine
Rabbrividisce alla foglia

Che su lei riposa
Per un’ unghia di vento

He la sfiora si torce sull’asfalto
Va in mille schegge

Se un’automobile le passa sopra
Non scompare l’immagine riaffiora

Da un fondo inesauribile
con la quiete della superficie

Si ricompone restituisce case nubi uomini
Alla piuma della luce ancora esaudisce

La vanità delle cose concrete
L’inquietudine delle forme profonde

Basta un grido, il guizzo di una rondine
Un filo strappato si disfa sempre l’immagine

Va in malora ritorna nelle tenebre
Non è nemmeno una voce ma un soffio

Dolorosa che viene la notte dalla strada
Eco di un boato sordo

Minerale rimasto impigliato
Ai rami e ai chiodi dei muri

Questo andare a rotoli
Non si potrebbe fermarlo

Le unghie le ciglia e i capelli
La carne di carta dei sogni

Sale con la luce in frantumi
Non ascolta le parole nostre

In altre parole
Diventa un altro giorno

Angeli (Alda Merini)

Ho pensato che gli angeli non hanno desiderio, ma vogliono curiosamente abitare negli uomini e capire come essi vivono e come giocano all’amore e come vanno a scuola per imparare a morire.
Gli angeli sono presenti tra di noi ogni giorno, tanti spostamenti di memoria e di oggetti, tante confusioni sono sollevate dalla loro giocosità: essi sono immersi in un vino candido e hanno vestiti vaporosi come quelli delle fate e mani affusolate con cui placano la collera divina.
Stanno affaccendati in molte cose, girano intorno alle meretrici e ai reprobi, ai santi e ai salutisti, e tentano di riordinare quella congerie di parole che animano gli uomini e che li aiutano a confondersi instaurando cosi vecchie e nuove torri di Babele.
Gli angeli risolvono tutto con la melodia, con la musica che è la vera lingua universale.
Ma io so anche che il legno è il simbolo della memoria e che scarica gli affetti e le bontà altrui.
Tenendo inchiodate le nostre mani al legno delle panche dei manicomi veniva attutito il messaggio rapido del pensiero.
E quell’aggressione e quelle panche divennero un giorno enormi come cactus, scorrevoli come rosari.

Lacrime d’amore caddero su quelle piante.
Ma scorrono lacrime anche dopo un grande rapporto d’amore, quando la passione, così intensa e fuggevole, ha rotto in due la spada dell’ansia e ha tagliato per sempre la nostra convinzione che l’io sia una cosa intoccabile.

Morte (Alda Merini)

Tu non sei bella e nemmeno spirituale, però stasera tornando sul mio taxi ho provato a a parlarti e ho visto che in fondo sei una creatura accessibile. Sì, è vero, non ascolti l’anima, però presti attenzione alla mente.
Non ti ho domandato perché sei così spaventosa, ho capito che anche tu sei dolce come una qualsiasi creatura terrena. Certo non sei un angelo e neanche un demone, sei qualche cosa di insolito.
Gli uomini ti figurano come uno scheletro con due mandibole abbastanza scurrili. Ma è poi tutto vero? Non è che l’uomo rappresenti figure tragiche per riempire la sua immaginazione?
Dimmi se c’è più tragedia nella morte o nella vita.
Ma in fondo non credo che tu ti preoccupi di queste cose, sei così fredda, distratta. Ti siedi vicino al primo sconosciuto che ti capita davanti, magari soltanto per scaldarti con il suo perdono. Anche tu vuoi essere perdonata, vero amica? Vuoi essere consolata per essere cosi infelice sola ed autosufficiente, perché nessuno ti chiama. Il fatto è che non ti piacciono i tormenti degli uomini.
Ogni tanto riposi e guardi chi divide il tuo sonno con il tuo, chi si è incantato davanti a te come di fronte a una bella donna.
Brutta come sei, anche tu fai innamorare gli uomini.
Brutta come sei, anche tu fai cantare i poeti.


La casa dei doganieri (E. Montale)

Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.
Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.
Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende...)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

Lasciatemi divertire
(A. Palazzeschi)

Tri tri tri,
fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu ihu.
poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!
Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche.
Sono la mia passione.
Farafarafarafa,
tarataratarata,
Paraparaparapa,
Laralaralarala!
Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la ... spazzatura
delle altre poesie.
Bubububu
fufufufu
Friù!
Friù!
Se d’un qualunque nesso
son prive
perchè le scrive
quel fesso?
Bilobilobilobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilobù. Filolù.
U.
Non è vero che non voglion dire,
voglion dire qualcosa.
Voglion dire...
come quando uno si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.   
Tri tri tri,
fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu ihu.
poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!
Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche.
Sono la mia passione.
Farafarafarafa,
tarataratarata,
Paraparaparapa,
Laralaralarala!
Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la ... spazzatura
delle altre poesie.
Bubububu
fufufufu
Friù!
Friù!
Se d’un qualunque nesso
son prive
perchè le scrive
quel fesso?
Bilobilobilobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilobù. Filolù.
U.
Non è vero che non voglion dire,
voglion dire qualcosa.
Voglion dire...
come quando uno si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.       

Aaaaa!
Eeeee!
Iiii!
Ooooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!
Ma giovinotto,
diteci un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con così poco
tener alimentato
un sì gran foco?

Huisc... Huiusc...
Huisciu... sciu sciu,
Sciukoku... Koku koku,
Sciu
ko
ku.

Come si deve fare a capire?
Avete delle belle pretese,
sembra ornai che scriviate in giapponese.

Abì, alì, alarì.
Riririri!
Ri.

Lasciate pure che si sbizzarrisca,
anzi, è bene che non lo finisca,
il divertimento gli costerà caro:
gli daranno del somaro.

Labala
falala
falala...
eppoi lala...
e lalala, lalalalala lalala.

Certo è un azzardo un po’ forte
scrivere delle cose così,
che ci son professori, oggidì,
a tutte le porte.

Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!

Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi son cambiati,
gli uomini non domandano più nulla
dai poeti:
e lasciatemi divertire!


Identità (Gabriella Girelli-Mariella De Santis)

A quali campi,
a quali paradisi
ragazza di Jenin ti incamminavi
tu stessa fatta terra della tua terra
in bianca strada
del tuo sangue rosso
polvere accesa

Il cuore è pieno di farfalle d’oro (Nino Oxilia)

Il cuore è pieno di farfalle d’oro   
che volano e scintillano.
Cento campanellini squillano
dentro di me con lieve
ritmo argentino.
I pensieri compaiono, scompaiono,
giocano a rimpiattino,
fanno a palle di neve...
E il verso brontola...
Sono stanco delle parole
consuete.
Ho sete
di cantarti, o cuore,
liberamente
saltando ridendo piangendo d’amore.

Spesso il male di vivere (E. Montale)

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua della sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

L’albatro (C. Baudelaire)

Spesso, per divertirsi, gli uomini d’equipaggio
catturano degli albatri, grandi uccelli di mare,
che seguono, indolenti compagni di viaggio,
la nave che scivola sugli abissi amari.

Appena li hanno deposti sul ponte,
questi re dell’azzurro, maldestri e vergognosi,
lasciano cadere miseramente le grandi ali bianche
come remi inerti trascinati ai loro fianchi.

Quel viaggiatore alato, com’è sgraziato e remissivo!
Lui, poco fa così bello, com’è comico e brutto!
Uno gli stuzzica il becco con la pipa,
un altro imita, zoppicando, l’infermo che volava!

Il Poeta è come lui, principe delle nuvole
che sfida la tempesta e se la ride dell’arciere;
fra le grida di scherno esule in terra,
le sue ali di gigante non gli permettono di camminare.

Novellette di Leonardo da Vinci